MOLFETTA. CHI L’HA (PIÙ) VISTO? DI MARIA CAPPELLUTI – COMITATO “IL MONDO CHE VORREI”

MONDO CHE VORREI
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MOLFETTA- Da qualche tempo il dondolo per i bimbi con disabilità motoria nella villa comunale di Molfetta non è più al suo posto.

Un regalo fortemente voluto da quella parte della cittadinanza molfettese più sensibile alla disabilità, per regalare momenti di svago e spensieratezza ai più piccoli, e ottenuto grazie anche ad una raccolta fondi e ad alcuni sponsor che hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa.

Un divertimento che ben presto è stato bersaglio preferito di vandali, di bulli o semplicemente di bimbi senza alcuna disabilità che ne abusavano alla presenza compiacente e indifferente dei propri genitori. Un bene della collettività abbandonato al proprio indecoroso destino senza che l’occhio vigile di un guardiano lo custodisse degnamente.

Eppure per chi vive la disabilità motoria e psichica sulla propria pelle, nelle proprie mura domestiche, quel dondolo era diventato un vero e proprio simbolo.

Dal giorno della sua installazione termini come solidarietà, integrazione e inclusione in un parco giochi non erano più soltanto un miraggio ma erano qualcosa di fattivo, qualcosa che potevi toccare con mano. E poco importava se per una questione di sicurezza logistica il posto dove era stato collocato il dondolo non era del tutto centrale e la mancanza di altri giochi nelle sue vicinanze tutto lasciava pensare tranne che ad una reale inclusione. Il dondolo per i bimbi con disabilità motoria c’era e questa era l’unica cosa che importava.

Purtroppo la civiltà di un popolo si denota anche dal rispetto e dalla cura del bene comune soprattutto se quel bene comune è denso di significato. Invece ha vinto il disfattismo, ha vinto il vandalismo, ha vinto la cattiveria, il menefreghismo.

La scomparsa del dondolo è stata la dimostrazione che la nostra comunità è ancora ben lontana dal costruire un mondo a misura di disabile perché non siamo stati capaci di custodirlo. Abbiamo constatato che c’è ancora molto da fare e che ciò che viene fatto è solo una piccola goccia in quell’oceano d’indifferenza.

L’inclusione non deve esserci solo sul posto di lavoro oppure a scuola ma l’inclusione deve esserci a partire proprio da quelle attività extrascolastiche e ludiche dove si DEVE DIMOSTRARE CON I FATTI CHE L’INCLUSIONE ESISTE e non che si deve per forza fare perché magari è qualche legge a imporlo.

C’è ancora molta strada da fare per costruire quel MONDO CHE VORREI.

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