AL TEATRO BABILONIA DI MOLFETTA GIACOMO DIMASE IN “SPAIDERMEN”
Molfetta. Lo spettacolo fa parte della rassegna Trame Contemporanee e andrà in scena lunedì 8 luglio
MOLFETTA – Venerdì 29 aprile nell’aula del Consiglio comunale, alla fine del dibattito sulla manovra fiscale (che lasciava invariate, senza nessun aumento, tasse e tariffe, malgrado gli ulteriori tagli imposti dal Governo Renzi) il Sindaco Paola Natalicchio di fronte alla presenza di soli 12 consiglieri comunali su 24, tutti di maggioranza, è stata costretta a prendere atto che la coalizione con cui aveva vinto le elezioni amministrative del 2013 non esisteva più e ha annunciato le sue dimissioni definitive e irrevocabili, puntualmente formalizzate sabato 30.
Domenica 1° maggio in un’aula consiliare finalmente strapiena Paola Natalicchio ha spiegato al suo popolo e alla città tutta le motivazioni della sua decisione. Entrambi i discorsi di Paola, sia quello in Consiglio del 29 aprile (https://www.youtube.com/watch?v=DrgJvNqGSsM dal minuto 31.20) sia quello di domenica 1° maggio (https://www.youtube.com/watch?v=8XvXeLmETtw) sono disponibili in rete.
Non mancheranno ulteriori iniziative nei prossimi giorni per chiarire ciò che è stato fatto, ciò che si stava facendo e perché e da chi l’azione di profondo rinnovamento messa in atto dall’amministrazione Natalicchio è stata osteggiata, intralciata, ostacolata, combattuta e infine abbattuta, bloccata definitivamente.
Con grande rammarico, noi di “Comitando, la strada della partecipazione continua”, gli stessi che nel luglio 2015 lanciarono la campagna #PAOLANONMOLLARE, oggi vogliamo esprimere a Paola e a tutta la sua giunta la nostra solidarietà, piena e incondizionata, e la nostra gratitudine per quanto è stato fatto in questi tre anni tra grandi difficoltà, con spirito di sacrificio e dedizione alla città: dal risanamento del bilancio al rilancio delle partecipate, dalla pianificazione urbana (Piano della mobilità sostenibile e Piano dell’energia sostenibile, Piano delle Coste e Concorso internazionale di idee per la riqualificazione del fronte mare dalla Madonna dei Martiri alla Prima Cala) e progettazione partecipata (parco Baden Powell e piazza Principe di Napoli) all’urbanistica contrattata dei comparti nelle zone di espansione e di completamento (comparto 17, comparto 18, maglia mercato ecc.), dalla socialità (cantieri di servizio e di cittadinanza) alla cultura e al turismo (Museo del Pulo ed Estate molfettese ecc.), dall’innovazione alla città accogliente, dalle strutture sportive risanate e recuperate alle vie e piazze riqualificate (Corso Umberto, Banchina San Domenico e tante altre), dall’ambiente (depuratore e recupero acque reflue, lame, gestione partecipata del verde e orti urbani, Porta a porta ecc.) alle opere pubbliche progettate e finanziate (Centro antiviolenza e piste ciclabili).
È impossibile indicare in un comunicato stampa come questo tutto l’elenco delle realizzazioni di questa amministrazione e i tanti progetti pronti per essere presentati a finanziamento. Né possiamo dimenticare quanti provvedimenti, purtroppo, sono rimasti incagliati nelle secche delle Commissioni consiliari permanenti e delle infinite e logoranti riunioni di maggioranza, senza che la città ne venisse mai a conoscenza.
È proprio in quelle stanze oscure, lontano dagli occhi dei cittadini, che è maturato il lavoro di logoramento, lento, sotterraneo e incalzante. Dapprima hanno tentato di domare il sindaco recalcitrante che non accettava di farsi mettere le briglie dai partiti né di farsi manovrare come una marionetta da burattinai occulti; poi hanno tentato di abbatterla, raccogliendo le firme dal notaio per sfiduciarla, insieme consiglieri di opposizione e alcuni consiglieri di maggioranza, pronti a tradire il patto sottoscritto con gli elettori. Si sono fermati a 12 e la congiura è fallita. Non per questo hanno desistito: il numero legale in consiglio era sempre in bilico; sarebbe mancato su un ordine del giorno per la difesa dell’acqua pubblica, se non fosse arrivata in soccorso una consigliera dell’opposizione; e poi la farsa degli ordini del giorno sulla salvezza dell’ospedale, dove un Partito democratico compatto, senza spaccature questa volta, si alleava con quasi tutta l’opposizione della destra, cercando di umiliare il sindaco e sfiduciandolo nei fatti, negandogli la possibilità di rappresentare tutto il Consiglio Comunale e dunque l’intera città nella battaglia per difendere, con l’ospedale locale, la sanità pubblica e la salute di tutti i cittadini.
È possibile che molti cittadini in buona fede non sappiano o non ricordino tutto ciò che è successo e sorpresi e increduli si chiedano perché questa improvvisa caduta dell’amministrazione. Parleremo, racconteremo ogni cosa. Racconteremo di come sulla barca che ora sta affondando per troppo tempo c’è stato chi vogava e chi invece apriva falle nello scafo, mentre molti stavano a guardare o si limitavano a criticare. Quello che non è accettabile, invece, è che ci sia fra le forza politiche, di maggioranza o di opposizione, chi faccia finta di non capire e di stupirsi, chi chieda al sindaco di ritirare le sue dimissioni, perché una maggioranza comunque ci sarebbe, chi chieda al sindaco di fare il tredicesimo a fronte di un consiglio spaccato a metà (12 da una parte e 12 dall’altra). Fino alla prossima verifica, fino al prossimo rimpasto, fino al prossimo tranello, fino al prossimo ricatto. Vogliamo dirlo chiaro: ogni tentativo di rovesciare le responsabilità, gettando sulle spalle del sindaco la colpa della fine di questa esperienza amministrativa è un’operazione indegna e bugiarda. Così come ogni tentativo di riportare in vita ciò che non esiste più, magari con un improponibile Consiglio comunale per votare un bilancio già approvato in giunta o un regolamento di cui da anni si erano perse le tracce, giusto per mostrare il simulacro di una maggioranza sbrindellata e inconsistente, sarebbe un’operazione inutile e ulteriormente lacerante, mero accanimento terapeutico senza speranza.
Chi sono dunque i responsabili?
Responsabile è innanzitutto la vecchia politica, con i suoi interessi inconfessabili, i compromessi deteriori e le congiure nell’ombra, la vecchia politica maneggiona cacciata dalla porta dal voto popolare e da un sindaco intransigente, ma pronta a tentare di rientrare dalle finestre dei piccoli favori e delle scorciatoie clientelari, trovandole però sempre ermeticamente chiuse. Sono i nostalgici delle Grandi Opere che fanno girare tanto denaro, salvo restare implicati in inchieste giudiziarie con decine di indagati, come “Mani sulla Città” o sul Grande Porto. Sono coloro che sono stati messi da parte e che vorrebbero tornare a maneggiare affari.
Responsabile è il partito trasversale del mattone, incapace di accettare il rigore della legalità e della trasparenza, incurante di un mercato immobiliare in crisi, delle strade piene di cartelli che segnalano centinaia di case vuote, che vorrebbe senza sosta continuare a consumare suolo per completare un Piano regolatore sovradimensionato e bloccare ogni volontà di adeguarlo alla pianificazione paesaggistica regionale e ogni tentativo di avviare il nuovo Piano Urbanistico Generale.
Ma i responsabili hanno anche nomi e cognomi: a cominciare dalla Banda dei Quattro, i quattro consiglieri comunali eletti in liste diverse Annalisa Altomare, Sergio de Pinto, Ignazio Cirillo, Roberto la Grasta, che hanno deciso di tradire il patto sottoscritto con gli elettori e con la città al momento del voto. Responsabile è il Partito democratico, che dal 2013 ad oggi, e non solo a Molfetta, ha cambiato totalmente natura e alleanze, scaricando la sinistra per imbarcare i transfughi del centrodestra, da Alfano a Verdini, da Caputo a Tammacco. Abbiamo potuto leggere qualche giorno fa le parole chiarificatrici del segretario regionale in pectore del PD pugliese Marco Lacarra che con candore ha dichiarato: “Il governo nazionale si è allargato al centro in maniera consistente, la stessa cosa sta avvenendo nel governo regionale dove Area popolare dialoga in maniera chiara con la Regione. Gli enti locali devono uniformarsi”. Questa è dunque la colpa del nostro sindaco: non essersi piegata al diktat della svolta a destra. Ed è chiara la regia della crisi, voluta e provocata dai vertici del PD, a livello locale, provinciale e regionale.
Ci aspettano adesso mesi difficili: 12 mesi di commissariamento, con una inevitabile paralisi amministrativa, una pesante ipoteca per decine di posti di lavoro e il rischio di una progressiva decadenza. Ma soprattutto saremo chiamati a fronteggiare l’assalto alla diligenza dei vecchi politicanti uniti in una Santa Alleanza per la Restaurazione. Dobbiamo impedire che tornino ad infilare i loro artigli nella carne viva della città, a succhiarne ogni energia vitale per i loro meschini interessi.
Noi non molliamo, non torneremo a casa. Continueremo a fare politica alla nostra maniera, donando noi stessi senza mai chiedere nulla in cambio, come abbiamo fatto finora, vigilando e proponendo progetti nell’interesse dei cittadini, a cominciare dai più deboli, tenendo vivi tutti gli istituti della partecipazione a cominciare da Agenda21, stimolando insieme ai comitati di quartiere, alle altre associazioni e alla cittadinanza attiva le istituzioni, preparandoci adeguatamente ad affrontare le sfide che ci aspettano.
Molfetta vanta grandi energie sane al suo interno. Chiediamo al popolo di Molfetta di alzarsi in piedi e far sentire forte la sua voce, prendendo in mano il proprio futuro e rivendicando la volontà di dare continuità all’azione di pulizia e rinnovamento. Non sarà un’impresa facile, ma continuare a cambiare si può.
COMITANDO
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