MolFest, IL PROGRAMMA DELLA SECONDA SERATA DEL FESTIVAL DI CULTURA POP
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Molfetta. Nell’ambito del Festival della Letteratura ‘Storie Italiane’ – un appuntamento culturale di grande pregio organizzato annualmente dalla storica libreria ‘Il Ghigno’ – i lettori molfettesi hanno avuto l’onore di conoscere e dialogare con Romana Petri, scrittrice di fama internazionale, due volte finalista per il Premio Strega e autrice di romanzi molto apprezzati dai critici letterari tanto da essere considerata una delle più importanti scrittrici italiane contemporanee. Abbiamo intervistato la prof.ssa Maria Stella de Trizio, che insieme alla prof.ssa Isa de Marco, organizzatrice del Festival, ha presentato l’ultimo libro della Petri, ‘Il mio cane del Klondike’, struggente storia del cane Osac e della sua ‘salvatrice’.
Come è nata l’idea di invitare Romana Petri al Festival?
“Si è trattato di un caso felice e fortuito – ha risposto la prof.ssa de Trizio – scaturito da un altro incontro in una libreria tranese, città dove insegno e dove ho avuto modo di conoscere la Petri e la splendida storia che racconta nel suo ultimo libro. In realtà ho avuto modo di leggere e amare quasi tutti i personaggi creati dalla penna di Romana: il Ciclone, suo padre, il baritono Mario Petri scomparso anni fa, Dagoberto Babilonio, un novello don Chisciotte, Antonio, il folle protagonista di una storia d’amore delicatissima raccontata in ‘Giorni di spasimato amore’… personaggi e storie che ti restano nel cuore, impossibili da dimenticare’.
Di cosa si è parlato ieri sera’?
“Non ho voluto che Romana – come spesso accade nelle presentazioni – ‘svelasse’ ai presenti la trama del romanzo ma piuttosto suscitare nei presenti l’interesse e la voglia di leggere il romanzo. Si è partiti dalla lettura di un estratto del libro a cura dell’attore Marco Vito de Virgilio, dottore di ricerca in Italianistica ed esperto di letteratura portoghese, prima dell’arrivo dell’autrice, per poi riflettere su quanto questa storia costituisca una svolta nella storia letteraria perché racconta una vicenda non più da un punto di vista antropocentrico ma, potremmo dire, ‘zoocentrico’, alla maniera di Omero, che pone sullo stesso piano ‘sentimentale’ il cane Argo e i parenti di Ulisse nella scena del riconoscimento, e di Jack London, che pure ne ‘Il richiamo della foresta’ si immedesima in Buck in un modo sorprendente e originale.”
Quali sono i nuclei più importanti del romanzo, a suo parere?’
“Credo non si tratti solo della storia del ‘salvataggio’ di un cane (non aspettatevi, insomma, una storia alla Marley & me), ma di un romanzo di formazione, in cui l’autrice magistralmente racconta di come si sia evoluto il suo ‘cuore di ragazza’ trasformandosi in ‘cuore di madre’, un romanzo che scandaglia l’animo umano e quello canino, che non sono poi così diversi’.
Abbiamo chiesto, infine, alla prof.ssa de Trizio se vi fosse un passaggio che più l’abbia colpita:
“Credo che il nucleo centrale del romanzo – e la Petri l’ha confermato nel corso della conversazione letteraria tenutasi ieri sera – sia la descrizione dello stato emotivo del cane, così vicina a quella di un uomo, a p. 172 del libro: non era lui a scegliere di pensare, pensavano dentro di lui i pensieri. La sua testa, da che lo conoscevo, era sempre stata terra di conquista. Guardarlo nei momenti in cui veniva preso così d’assedio mi dava un’unica certezza: felice è solo colui che sceglie cosa pensare.”
Ringraziamo la prof.ssa de Trizio per questa interlocuzione letteraria, i librai del Ghigno Nicola, Donatella e Isa per l’organizzazione magistrale di questo Festival che dà lustro alla città di Molfetta e vi diamo appuntamento ai prossimi incontri.
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