PER NON DIMENTICARE: EREDI DELLA STORIA E MOLFETTA CELEBRANO IL CAPITANO AZZARITA, VITTIMA DELLE FOSSE ARDEATINE

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Molfetta. Tra le vittime delle Fosse Ardeatine anche il molfettese Capitano Manfredi Azzarita. Domenica 27 marzo, dalle ore 11 alle ore 13, in piazza Mazzini a Molfetta, verranno esposti dei pannelli in ricordo del tragico evento

molfettafosseardeatinecontent2 230222Dopo l’armistizio di Cassibile, la fuga del re Vittorio Emanuele III e l’ingresso nella capitale delle truppe tedesche, il 12 settembre i tedeschi assunsero il controllo effettivo della città, che era stata dichiarata città aperta dal governo italiano il 14 agosto. Fin dai primi giorni dell’occupazione tedesca di Roma si costituirono nella capitale gruppi di resistenza, in particolar modo il Fronte militare clandestino (“Centro X”), diretto dal colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, e nuclei comunisti, ai quali il generale Carboni aveva fatto distribuire armi sin dal 10 settembre.

Roma, sottoposta pro forma alla sovranità della RSI, mantenendo lo status di “città aperta”, era in realtà governata di fatto solo dai comandi germanici. Capo della Gestapo di Roma, fu l’ufficiale delle SS Herbert Kappler, già resosi protagonista della razzia del ghetto ebraico e della successiva deportazione, il 16 ottobre 1943, di 1023 ebrei romani verso i campi di sterminio.

La campagna del terrore avviata da Kappler, con frequenti rastrellamenti ed arresti di antifascisti e semplici sospetti nelle varie carceri romane (fra cui il più tristemente famoso fu quello di via Tasso), sgominò nell’inverno 1943-44 quasi ogni gruppo della Resistenza romana, che si ritrovò a perdere prima gli elementi militari, quindi quelli comunisti dissidenti di “Bandiera Rossa“. Anche gli aderenti a “Giustizia e Libertà” e al Partito Socialista e i sindacalisti socialisti subirono forti decimazioni negli arresti compiuti dalle varie forze di polizia tedesche, dalla polizia italiana fascista e dalle bande italiane sotto controllo germanico. Solo i GAP comunisti riuscivano a mantenere una buona efficienza operativa.

Il 23 marzo 1944 ebbe luogo un’azione di guerra partigiana contro l’undicesima compagnia del III battaglione del Polizeiregiment “Bozen” in via Rasella, per iniziativa di partigiani dei Gruppi di Azione Patriottica delle brigate Garibaldi, che ufficialmente dipendevano dalla Giunta militare che era emanazione del Comitato di Liberazione Nazionale.

Tale reparto fu segnalato come bersaglio da Mario Fiorentini, poiché abitava nei pressi di via Rasella, e Giorgio Amendola, responsabile principale dei GAP, indicò le direttive, ma lasciò quindi al comando partigiano “assoluta libertà d’iniziativa”. Il “Bozen” era costituito da soldati addestrati e venne descritto dallo stesso Amendola come un “battaglione di gendarmeria” che transitava in via Rasella “in pieno assetto da guerra”.

L’operazione fu portata a termine da 12 partigiani. Fu utilizzata una bomba a miccia ad alto potenziale, collocata in un carrettino per la spazzatura urbana; dopo l’esplosione furono lanciate alcune bombe a mano dai tetti delle case per ingannare e “onde dare l’impressione che le bombe occorse per l’attentato alla colonna erano partite dall’alto” dei palazzi (in cui vennero eseguiti i primi 100 arresti di cittadini ignari). Rimasero uccisi 32 militari dell’undicesima Compagnia del III Battaglione del Bozen e un altro soldato morì il giorno successivo (altri nove sarebbero deceduti in seguito). L’esplosione uccise anche due civili italiani. Il 24 marzo di tutta risposta, le truppe di occupazione tedesche, uccisero 335 civili e militari italiani, prigionieri politici, ebrei o detenuti comuni, presso le Fosse Ardeatine.

L’eccidio delle Fosse Ardeatine divenne l’evento-simbolo della durezza dell’occupazione tedesca di Roma. Fu anche la maggiore strage di ebrei compiuta sul territorio italiano durante l’Olocausto; almeno 75 delle vittime erano in stato di arresto per motivi razziali.

Tra i martiri ricordiamo il nostro concittadino Cap. Manfredi Azzarita, che incaricato dal Governo Badoglio stava organizzando la liberazione di Roma con i partigiani cattolici, un infiltrato fra le sue fila denunciò il gruppo ai tedeschi per 5 mila lire e un sacco di farina. Cap. Azzarita fu arrestato dai tedeschi, fu imprigionato in via Tasso e successivamente trucidato. Nonostante le torture subite, non rivelò mai i nomi dei suoi amici. Per le sue azioni ottenne una medaglia d’oro al valore militare con la seguente motivazione:

«Fu valoroso combattente sui fronti di guerra, apprezzato ufficiale presso lo S.M.R.E. ove gli vennero affidati incarichi di particolare fiducia, fra cui quello presso il generale inglese Carton de Wiart durante i preliminari delle trattative di armistizio. Insofferente dell’occupazione tedesca, dopo l’8 settembre ‘43 si prodigò in Roma e dintorni per organizzare gruppi e movimenti armati clandestini, dimostrando fermezza di propositi, decisione e carattere adamantino. Arrestato dalle SS. germaniche fu tradotto e imprigionato nelle celle di via Tasso, ove venne atrocemente seviziato. Non rivelò nessun segreto dell’organizzazione militare cui apparteneva e si addossò fieramente ogni responsabilità. Trucidato barbaramente alle Fosse Ardeatine, trovò gloriosa morte, suggellando il suo amore e la sua fede per la Patria».

Tra le vittime delle Fosse Ardeatine ricordiamo i terlizzesi Gioacchino Gesmundo e il sacerdote don Pietro Pappagallo, che salvò molti ebrei e perseguitati politici.

Le Fosse Ardeatine, sono antiche cave di pozzolana situate nei pressi della via Ardeatina, scelte quale luogo dell’esecuzione e per occultare i cadaveri degli uccisi, nel dopoguerra sono state trasformate in un sacrario-monumento nazionale. Sono oggi visitabili e sono luogo di cerimonie pubbliche in memoria.

Foto tratta dalla collezione documentale e fotografica donata da Leonardo Azzarita, padre del Capitano Manfredi Azzarita, all’Associazione Combattenti, Reduci e Partigiani di Molfetta, attualmente facente parte dell’Archivio Storico dell’Associazione Eredi della Storia

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