FRANCO P, A UN MESE DALLA TRAGEDIA RESTANO DISPERSI I MARITTIMI DI MOLFETTA. LE FAMIGLIE: «NON CONTIAMO NULLA»

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Molfetta. L’amaro sfogo via Facebook della nuora di uno dei due dispersi in mare
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Nella notte tra il 18 e il 19 maggio scorso, in poco più di venti minuti, il rimorchiatore Franco P. partito dal Porto di Ancona alla volta di Durazzo, è affondato a circa cinquanta miglia dalla costa barese. Delle sei persone a bordo si è salvato solo il comandante, il 63enne catanese Giuseppe Patralia, tre sono state le vittime accertate e due i dispersi: Sergio Bufo e Mauro Mongelli, il nostromo di 60 e il capo macchine di 59 anni, entrambi di Molfetta.

Le ricerche sono state condotte dalla Capitaneria di Porto di Bari, con l’ausilio di motovedette ed elicotteri di altre forze militari anche croate e di imbarcazioni civili per oltre dieci giorni, ma le famiglie dei due marittimi molfettesi restano a più di un mese dal disastro in attesa di un miracolo e comunque della verità. Aperto dalla Procura di Bari un fascicolo d’indagine sull’accaduto che ha visto indagati per atto d’ufficio con l’accusa di cooperazione colposa in naufragio e omicidio colposo plurimo, l’armatore anconetano Antonio Santini, rappresentante legale della Ilma, società proprietaria sia del Franco P. che del pontone a rimorchio, e il comandante Petralia. Sulle indagini vige il più stretto riserbo da parte degli inquirenti e le ultime informazioni diffuse risalgono ormai al 30 maggio, quando la Pm Lusiana Di Vittorio disponeva le indagini autoptiche sulle salme delle tre vittime e le perizie tecniche su tutto il materiale informatico sequestrato a bordo del pontone AD3. A questo si sarebbe dovuta aggiungere un’ispezione sul rimorchiatore inabissato condotta con l’intervento dei mezzi della Marina Militare, per recuperare la scatola nera e capire se il Franco P. è colato a picco a causa di una crepa da cui sarebbe entrata acqua.

Intanto le famiglie dei due dispersi molfettesi continuano a non darsi pace e nel post del 18 giugno pubblicato via Facebook dalla nuora di uno dei marittimi si legge: «Oggi un mese da quella maledetta chiamata, da quella maledetta notizia che ci tormenta ogni giorno. Un mese che viviamo in un limbo angosciante, in cui hai fiato mozzato, costanti dolori al petto, occhi sempre colmi di lacrime, occhi che non riesci a chiudere più serenamente perché l’immagine ed il pensiero sono lì sempre davanti a te! Ogni giorno si spera in un tuo ritorno a casa. Ti vediamo e sentiamo in ogni cosa, in ogni angolo di casa, ti cerchiamo all’orizzonte che ci fa tanto male vedere, ovunque possa esserci una speranza! C’è tanta tanta rabbia dentro, rabbia su COME PUÒ MAI ESSER SUCCESSO? COSA È SUCCESSO? PERCHÉ? Perché ci rimette sempre la brava gente? Anni e anni… una vita sacrificata mezzo a mare, una vita lontani dalle famiglie, per finire poi così? E la rabbia maggiore è che i primi 4-5 giorni si faceva a gara per aver notizie da trapelare online, e dopo neanche una settimana non se n’è più neanche parlato! Se non era una splendida persona comune in un secondo sarebbero andati giù, ma ahimè siamo comuni mortali che per l’Italia non meritiamo rispetto, non siamo nulla».

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