MolFest, LE PAROLE D’ELOGIO E I RINGRAZIAMENTI DEL SINDACO MINERVINI SULLA 1°EDIZIONE DEL FESTIVAL
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Chi l’avrebbe mai detto, che il PON di Teatro Classico li avrebbe portati a esibirsi proprio lì, dopo mesi e mesi di prove, a Palazzolo Acreide, nella splendida cornice del teatro greco siciliano di Akrai, davanti a studenti e professori di Licei, Accademie e Università di tutta l’Italia?
Avrebbero mai potuto immaginare che anche a loro sarebbe toccato di essere protagonisti del Festival di Teatro Classico dei Giovani, la più importante rassegna dedicata alle nuove generazioni nel panorama nazionale e internazionale?
I sogni qualche volta si realizzano – anche questo si impara a scuola – e così è accaduto ieri, 25 maggio, a questo alacre ma pacifico manipolo di studentesse e di studenti del quarto anno del Liceo Classico “Leonardo da Vinci” di Molfetta, guidato dai loro professori, Emilia de Ceglia, Nora Sciancalepore, Emmanuele Colonna e Lella Salvemini.
Un’esperienza di alto valore pedagogico, oltre che culturale, questa de “L’eredità di Prometeo“, fortemente promossa dalla dirigente scolastica del Classico, dott.ssa Giuseppina Bassi.
Riportare in scena la vicenda del titano che osò rubare il fuoco – l’ingegno – agli dei per donarlo agli uomini, accettando di pagare le conseguenze del suo atto di ribellione, con riferimento alla contemporaneità, allo smarrimento del limite, alla possibilità di diventare artefici della propria rovina, ha significato infatti per questi liceali misurarsi sul campo con i testi che sono abituati a tradurre con il Rocci alla mano, provando a dare un senso a quei versi, esercitando la memoria, la prossemica, la condivisione e, perché no, la resistenza e la perseveranza.
Buona la prima: l’esibizione durante la Notte Nazionale del Liceo Classico su corso Umberto, a Molfetta, li ha incoraggiati non poco: “si può fare”, si sono detti.
Sono arrivati in Sicilia in pullman, con i loro costumi e gli arredi di scena; la sera precedente alla loro esibizione hanno assistito al “Prometeo incatenato” con la regia di Leo Muscato, tradotto da Roberto Vecchioni, presso il Teatro greco di Siracusa: un caso o forse no, che ha consentito loro di metabolizzare in modo ancor più compiuto ciò che stessero per compiere; da spettatori ad attori, tutto in una notte, se non è straniamento questo.
Ed eccoli, al mattino: parte il pullman dei nostri liceali, alla volta di Palazzolo Acreide, pieni di emozione e di determinazione: non è così, anche, che si maturano e si mettono a frutto le famigerate competenze?
Le fiaccole illuminano il proscenio anche se il sole fa capolino tra le nuvole, ma il fuoco che si accende senza problemi arde ancora di più. Vibra il monito sofocleo “nulla dell’uomo è più stupendo, nulla più tremendo”.
È l’antico tragediografo che parla, scandito a memoria, in greco antico, ma il pensiero degli spettatori corre a ciò a cui l’uomo può arrivare, oggi, qui e ora: è la potenza dei classici. Distruzioni ambientali, povertà, guerre sono il frutto della tracotanza umana: il passato si intreccia con il presente, l’antico abbraccia – e sferza – la contemporaneità, i versi antichi sovrastano nel silenzio, quasi sacro, del teatro greco.
Aleggia, mosso da un vento leggero, l’azzurro dei tulle delle oceanine; fa da contrappunto il robusto refrain dei corifei. Si staglia sulla scena lui, Prometeo, accompagnato dal saggio Oceano, che gli ricorda la sua condizione di uomo.
Dura tutto un attimo, gli applausi scrosciano: è il loro momento, questo. Dimenticheranno, forse, la legge della penultima e l’aoristo passivo, ma questo preciso istante, per i ragazzi del Liceo Classico “Leonardo Da Vinci” di Molfetta, in cui Prometeo stesso sembra sussurrare all’orecchio di ciascuno di loro: “ce l’hai fatta”, questo è ciò lo storico greco Tucidide forse intendeva per ‘possesso per sempre’.
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