LICEO CLASSICO DA VINCI, ECCO I VINCITORI DELLA BORSA DI STUDIO “ELENA E BENIAMINO FINOCCHIARO”

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Molfetta. Tra i vincitori si è distinto lo studente di 5ªB Vincenzo Lovino che con un eccellente lavoro sui due pensatori molfettesi ha vinto la borsa di studio di 1000 euro
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Sono cinque gli studenti del Liceo Classico L. Da Vinci di Molfetta premiati con la Borsa di studio “Elena e Beniamino Finocchiaro”.

Due dei vincitori non hanno potuto partecipare alla cerimonia di premiazione di venerdì scorso perché in viaggio di istruzione in Sicilia, e proprio quel giorno impegnati nella messa scena a Palazzolo Acreide, nell’ambito del ‘Festival del teatro classico dei Giovani’ del loro ‘Prometeo’.

Tra i vincitori Vincenzo Lovino, della classe 5ªA, premiato con la Borsa di studio di 1000 euro, Antonio Tambone, 5ªB, Graziosa Altamura, 4ªA e Marco Trione, 4ªA hanno ricevuto la borsa di 500 euro e Chiara Montarella, della classe 3ªA premiata con la borsa di 300 euro.

Tutti lavori individuali. I ragazzi, pur partecipando a incontri di preparazione, come quello col sindaco, Tommaso Minervini, si sono cimentati ognuno singolarmente nel trovare il raffronto fra i due pensatori molfettesi: Gaetano Salvemini e Beniamino Finocchiaro.

Di seguito l’incipit del lavoro di Vincenzo Lovino:

«È indubbio che il confronto con il passato, con la Storia (talora anche quella che più ci è vicina e ci appartiene), sia complicato. Tanto più se l’analisi presuppone che al modellarsi del pensiero, delle opinioni, consegua un prodotto originale e critico.

Fare questa considerazione per un giovane, è indispensabile. La contezza dei mezzi, dei limiti, delle conoscenze e competenze che egli possiede è il punto di partenza dello studio. L’approfondimento è inevitabilmente cambiamento e arricchimento di quei mezzi, di quelle conoscenze e competenze. È allargamento dei limiti, dei confini.

È spesso interessante risalire alle origini: la parola limite deriva dal latino “limes”: confine. Non tutti però cercano a fondo, provano a cogliere il significato nascosto delle parole. Limes sta anche per “strada, sentiero che divide due parti”. Il limite non è dunque qualcosa di astratto, di meramente geografico.

Ma è vivo, concreto, tangibile e visibile. La ricerca storica è sempre stata, ingenuamente e senza pretese, per me, una strada da percorrere che mi poneva nel mezzo fra le mie conoscenze e lo sconosciuto. Una sorta di orizzonte che congiunge la terra su cui cammino, dal cielo che vorrei raggiungere. E così, attraverso questa strada, questo sentiero, mi volto prima a sinistra e a destra, per avere, poi, uno sguardo d’insieme e comprendere, collegare, assimilare.

Il lavoro che mi propongo di attuare è un lavoro di congiunzione e comparazione. Mi è necessario tornare indietro e di ricorrere ad un’analisi personale delle due parti che il mio Limes divide e allo stesso tempo congiunge.

Mi prefiggo, questa volta, diversamente rispetto alla mia visione descritta precedentemente, di tracciare un sentiero, che prima non esisteva, fra due campi a me sconosciuti. Alla mia sinistra un passato lontano, che mi ricorda il freddo distacco che si crea dai libri scolastici: Gaetano Salvemini e il suo Mezzogiorno dei primi decenni del ‘900.

Alla mia destra, invece un passato più recente, più vicino, più amico. Tuttavia più nascosto: Beniamino Finocchiaro e la rivalsa del suo Meridione. Di conosciuto ho il confine fra le due parti, nel mezzo, ci sono io e ciò che so fare e come so farlo».

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