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Ampliare l’utilizzo di Sistemi di Gestione per la Salute e sicurezza sul Lavoro (SGSL), stimolando opportunamente le imprese ittiche, può rappresentare la strada maestra per abbattere il numero e la gravità degli infortuni nel settore della pesca professionale, al pari dello sviluppo dei Piani Mirati di Prevenzione.
Sono alcuni degli spunti di riflessione più importanti emersi durante il convegno “Oltre la rete – Salute e sicurezza sul lavoro nella pesca professionale”, svoltosi ieri giovedì 28 settembre, nell’Istituto “A. Vespucci”.
L’evento è stato organizzato dal Dipartimento di Prevenzione-SPeSAL Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro Area Nord (diretto dal dott. Giorgio Di Leone) in collaborazione con CIIP – Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione e Federpesca e con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità e Snop – Società nazionale operatori della prevenzione.
Presenti al convegno circa 140 operatori, tra professionisti sanitari, imprese e associazioni del settore. Provenienti da tutta Italia gli esperti del settore hanno aperto un dibattito sulla necessità di favorire la conoscenza e la condivisione delle pratiche preventive attivate nelle varie marinerie italiane per far emergere le principali criticità operative e stimolare riflessioni utili da riportare ai livelli decisionali e nelle pratiche quotidiane degli operatori del settore.
In apertura, è intervenuto per un saluto il Direttore generale ASL Bari, Antonio Sanguedolce, che ha sottolineato «L’importanza e la capillarità del lavoro degli operatori SPeSAL, in sinergia con le altre istituzioni, in un settore ricco di marinerie e quindi di attività che richiedono una presenza costante, da nord a sud della Puglia».
Un mondo con numeri di tutto rispetto, sebbene considerato tuttora di “nicchia”, giacché in Italia conta più di 12mila pescherecci in attività, 141 mila tonnellate di pescato (fonti: Eurostat e FAO 2020) e oltre 20mila famiglie che vivono di pesca.
Il settore della pesca, va sottolineato, pur in presenza di un costante aumento del consumo di pesce fresco mostra specificità e una complessità del tutto peculiare rispetto agli altri comparti produttivi. A cominciare dal fatto che non è possibile riscontrare in altri ambiti lavorativi limitazioni alle giornate di lavoro così significative, ridotte fino ad un terzo dei giorni di calendario.
Situazioni che si rispecchiano sul versante della legislazione dell’Unione Europa, che punta a implementare politiche che mirano a garantire il rispetto della politica comune della pesca, incentrata per lo più su un sistema di controllo della pesca e di sostegno attraverso il Fondo Europeo Affari Marittimi Pesca e Acquacoltura (FEAMPA) che eroga, tramite la Regione Puglia, circa 80 milioni di euro destinati a imprese ittiche e dell’acquacoltura per la tutela della risorsa mare e degli operatori.
Un tema altrettanto importante è quello della sicurezza a bordo dei motopescherecci. Versante sul quale gli esperti intervenuti hanno analizzato gli elementi di forte debolezza interni ed esterni che impattano in maniera significativa sulla redditività e quindi sulla sostenibilità economico – sociale dell’attività di pesca e che spingono gli operatori del settore ad utilizzare al massimo le poche giornate disponibili per l’attività lavorativa, spesse volte a discapito delle garanzie di tutela e di sicurezza dei lavoratori.
Ciononostante, come è emerso nelle analisi del Coordinamento Tecnico delle Regioni, dei rappresentanti delle Capitanerie di Porto, Regione Puglia e INAIL e negli approfondimenti legati alle malattie professionali e ai protocolli sanitari, lavoratori e mondo produttivo vanno affiancati e sostenuti per attivare ogni iniziativa utile per ridurre l’incidenza di infortuni e malattie professionali o almeno contenere gli effetti.
In questa prospettiva, che dev’essere necessariamente ancorata all’individuazione del motopeschereccio quale ambiente a rischio, nonché alla percezione dei rischi da parte degli stessi lavoratori del comparto pesca, comprese le tipiche emergenze a bordo (“l’uomo in mare”), può essere utile spingere anche le imprese del settore ittico a sviluppare Sistemi di Gestione per la Salute e sicurezza sul Lavoro (SGSL), implementando soluzioni che consentano di superare le inefficienze di una debole organizzazione aziendale.
Occorre infatti ricordare che nelle aziende che adottano e applicano correttamente un SGSL avvengono meno infortuni (-16%), che nel 40% dei casi risultano comunque meno gravi rispetto ad analoghe situazioni occorse in assenza di sistemi ad hoc.
Numerosi studi indicano che per una corretta gestione della salute e sicurezza sul lavoro ed una riduzione degli infortuni e della loro gravità è auspicabile adottare standard gestionali come le Linee Guida UNI INAIL, le UNI ISO 45001 o i modelli organizzativi e gestionali (MOG), definiti ai sensi dell’art. 30 del D. Lgs. 81/2008, o i Sistemi di Gestione tipo Safety Management Sistems (SMS) cogenti per le navi mercantili ma utili, con gli opportuni adattamenti e adeguamenti, anche per la pesca, con l’obiettivo di valutare come viene svolta ogni attività sensibile e valutare il rischio che si verifichino i fatti dannosi.
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