FRANCESCO PADRE, A 29 ANNI DALLA TRAGEDIA RESTA L’OMBRA DI UNA MEZZA VERITÀ

francescopadre31102019
Molfetta. Tra il 3 e il 4 novembre del 1994 il motopeschereccio esplose al largo del Montenegro per cause tutt’oggi avvolte nel mistero
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Una verità a metà e nessun colpevole. A ventinove anni dall’esplosione e dall’inabissamento al largo delle coste montenegrine del motopeschereccio Francesco Padre, nonostante le tre inchieste giudiziarie condotte dalla Procura di Trani, le cause restano avvolte nel mistero.

La tragedia avvenne intorno a mezzanotte e mezza del 4 novembre del 1994, provocando la morte del comandante Giovanni Pansini (45 anni), dei quattro uomini dell’equipaggio Luigi De Giglio (56 anni), Saverio Gadaleta (45 anni), Francesco Zaza (31 anni), Mario De Nicolo (28 anni) e del loro fedele cane Leone.

A dare l’allarme fu il pilota di un aereo Nato, presente all’epoca lungo la costa adriatica con l’operazione militare “Sharp Guard”, ma le autorità esclusero immediatamente un coinvolgimento con l’esplosione.

Oltre al dolore per la perdita dei loro cari, i parenti delle vittime hanno dovuto sopportare calunnie infanganti rivolte all’equipaggio, accusato di trasportare materiale esplosivo. Grazie all’ostinata determinazione dei familiari, alla prima inchiesta giudiziaria ne sono seguite altre due. Più accurate indagini furono svolte durante l’ultima, archiviata nel 2014, da cui emerse chiaramente che i cinque marittimi erano innocenti, che quindi l’esplosione non si era verificata a bordo, ma che, anzi, lo scoppio proveniva dall’esterno del motopeschereccio. Non si è mai saputo però a chi attribuire la responsabilità dell’esplosione, dato che la Procura archiviò il fascicolo dopo che gli otto Paesi interrogati non risposero alle rogatorie internazionali.

Una tragedia che tre giorni fa, a un anno dal trentennale, nessuno ha pensato di commemorare. Senza cerimonie, nel silenzio della politica e della società civile, Molfetta ha perso l’occasione di rileggere una delle pagine più tristi della sua storia, dimenticando quanto sia importante ricordare.

«Si tratta di una tragedia che ci ha segnato tutti – ha dichiarato il sindaco Tommaso Minerviniquesti nostri fratelli sfortunati avevano dedicato la loro esistenza al mare e il mare rimarrà per sempre l’ultimo rifugio dei loro resti umani. Giovanni, Saverio, Luigi, Francesco, Mario e Leone, il cane di bordo che con loro ha perso la vita sono vittime innocenti di una guerra assurda e ingiusta come sono tutte le guerre. Erano in mare per lavorare. E non sono più tornati. Ai loro cari giunga il mio abbraccio più affettuoso».

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