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MOLFETTA. Il cantastorie: “U re Couzzele”

Vi conto la storia di Cozzoli Giovanni
Che visse a Molfetta or son duecent’anni,
e da forte lottò per tutta la vita
contro i tiranni per l’Italia unita.

Era giovane ancora quando incontrò
Liborio Romano che lo affascinò,
perciò decise di dedicare la vita
all’idea dell’Italia, che sognava unita.
Divenne massone, poi carbonaro,
e fondò a Molfetta un gruppo assai raro,
formato da uomini di fede provata,
senza timore per la lotta armata.
Per il suo impegno ed il suo ardore,
fu chiamato ” Re COUZZELE”, il cospiratore,
ma, pure se “RE” era chiamato,
la repubblica avea come idea di stato,
e, insieme all’idea repubblicana,
voleva un’Italia libera e sovrana.
Prese parte ai moti dell’821,
e a quelli seguenti dell’831,
sebbene sconfitto continuò a lottare
per l’unità d’Italia, che voleva realizzare.
Così quando nel 48 una rivolta scoppiò,
come sempre re Couzzele, la capeggiò.

Tutto era cominciato a gennaio,
un mese freddo, non certo gaio,
però in Sicilia, come si sa,
i mandorli in fiore lo sono già,
e, approfittando allor del clima mite,
le donne a Palermo, molto agguerrite,
insorsero contro i soldati borboni,
e, insieme agli uomini, cacciarono i felloni.
Parigi insorse il mese seguente,
poi la rivolta bruciò il continente,
e, prima a Vienna, poi a Berlino,
il popolo segnò il proprio destino.
Dopo Palermo, anche Napoli insorse,
e la rivolta le province coinvolse,
perciò Ferdinando, re mascalzone,
concesse al popolo la Costituzione.
Il 15 aprile, si andò a votare,
e allora il re cominciò a tremare,
molti degli eletti, eran rivoluzionari,
e volean immischiarsi nei suoi affari,
e, in più, i contadini avevano occupato
le terre che i nobili avevano rubato,
mentre gli operai, stanchi di aspettare,
volean presto anche loro votare.
Anche a Molfetta,dove si era formata,
una milizia nazionale, dal Cozzoli guidata,
c’era forte contrasto tra la nobiltà
e il popolo anelante la libertà.
Gli operai chiedevan riforme radicali,
che i nobili temevan come peggiore dei mali,
e quando Ferdinando sciolse il parlamento,
il popolo insorse contro quel tradimento,
e a Napoli eresse molte barricate
che dai soldati del re furon sbaragliate.
In molti perirono là nelle strade,
uccisi dai cannoni, dai fucili, dalle spade,
e, insieme agli altri, Luigi La Vista
morì a vent’anni, da giovane idealista.
Dopo la strage nella capitale,
le province adesso bisognava sedare,
così un esercito fu inviato
a reprimere il moto colà scoppiato.
In tutta la Puglia ci fu rivolta,
che il Cozzoli guidò anche questa volta,
ma Marcantonio Colonna, generale senza cuore,
sedò la rivolta nel sangue e nel dolore;
e, dopo la repressione nelle altre città,
venne a Molfetta, quel cane senza pietà.
La nostra città era preparata
e, per non subire una sorte ingrata,
113 eroi si disser pronti a morire
per difender gli ideali che vedevan tradire.
Oltre al Cozzoli, nominato comandante,
Giovanni Pansini lo seguì all’istante,
i nomi degli altri non ve li sto a contare
son scritti nei cuori di chi sa lottare
e sempre combatte per la libertà
contro l’ingiustizia e la malvagità.
Le forze del Colonna erano ingenti,
avevan cannoni e tre reggimenti,
mentre i patrioti, con pochi fucili,
volean resistere a quegli assassini.
Presso il santuario della Madonna,
fermò le truppe il generale Colonna,
lanciò a Molfetta un ultimatum di resa,
altrimenti con le armi l’avrebbe presa:
consegnare le armi, arrestare i cospiratori,
per evitare lacrime morte e dolori.
Ma i nostri patrioti, col Cozzoli in testa,
volevan resistere con le armi in resta.
Il sindaco Fraggiacomo, con altri consiglieri,
il Cozzoli invitò a più miti pensieri,
bisognava evitare il confronto coi soldati
che eran numerosi e molto ben armati,
mentre i patrioti, sebbene coraggiosi,
non erano certo molto numerosi.
Allor per non spargere sangue innocente,
Re Couzzele si rivolse alla sua gente,
e in silenzio li invitò ad abbandonare Molfetta,
cosa che fecero in tutta fretta,
lasciando la città in mano ai soldati
mentre loro all’esilio erano condannati.
Ma lo spirito rivoluzionario che avevano nel cuore,
li accompagnò dovunque ci fosse dolore,
e andarono raminghi di terra in terra
sfidando la morte in ogni guerra
dove si lottava per la libertà
e ridar ad ogni popolo la dignità.

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