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MOLFETTA. Operazione “Caffè Amaro”

Molfetta – I Carabinieri della Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura di Trani in collaborazione con i colleghi della Compagnia Carabinieri di Molfetta, a conclusione di un’attività d’indagine condotta sotto la direzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani, nella mattinata odierna hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in regime di arresti domiciliari emessa dall’Ufficio del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani nei confronti di Brattoli Ignazio di 53 anni, di Molfetta, per il reato di concussione.
Brattoli Ignazio è infermiere dal 20 gennaio 1988 presso l’ambulatorio del Servizio Assistenza Sanitario Nazionale (S.A.S.N.) di Molfetta, struttura dipendente direttamente dal Ministero della Salute, per garantire l’assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell’aviazione civile. Tra i compiti assegnati all’infermiere vi era quello di supportare l’attività del medico specialistico nelle prestazioni cardiologiche.
Secondo quanto accertato dai Carabinieri della Sezione di Polizia Giudiziaria presso la Procura della Repubblica Trani (in collaborazione con la Compagnia Carabinieri di Molfetta), l’infermiere avrebbe preteso somme di denaro in cambio di favori per quanto concerne tempi e modalità di visite mediche specialistiche a cui, per legge, sono tenuti a sottoporsi i marittimi.
Le investigazioni nascono da una segnalazione del Ministero della Salute, su input di un marittimo stanco di subire le richieste di denaro da parte dell’infermiere. Nel corso delle indagini è stato possibile svelare un sistema collaudato impiantato dall’infermiere, il quale abusando della sua qualifica di incaricato di pubblico servizio, dei suoi poteri e con una condotta induttiva nei confronti dei marittimi, avrebbe preteso denaro dai pazienti ormai assoggettati (circa 20 euro per pratica); sebbene tutte le attività espletate all’interno del S.A.S.N. non comportano alcun passaggio di denaro.
II sistema, in pratica, era quello ai manifestare ai marittimi la necessità di consegnare all’infermiere del denaro affinché costui li agevolasse negli esiti e nella rapidità della pratica e/o posizione sanitaria. Difatti, è il caso di dire che, incutendo soggezione, l’infermiere disponeva tempi e modalità per calendarizzare le visite ai marittimi facendo credere loro che fosse quella la prassi per effettuare le visite specialistiche.
AI fine di corroborare la concussione ipotizzata, si effettuavano intercettazioni di conversazioni tra presenti e video riprese presso lo studio ambulatoriale del Servizio Sanitario di Molfetta. Nel corso delle intercettazioni, inoltre, si aveva modo di ascoltare con chiarezza la richiesta “convenzionale” dell’infermiere che, nella maggior parte dei contatti, esordiva agli appuntamenti con i marittimi con: “Un caffè per me..!”.
Durante le operazioni d’intercettazione si procedeva ad effettuare delle perquisizioni a carico dell’indagato e, ciononostante, lo stesso continuava a chiedere il suo “caffè”. Infine si completava l’attività investigativa con l’ascolto di numerosi marittimi, che confermavano di avere subito le continue richieste di denaro da parte dell’infermiere.
Per comprendere meglio l’illecito messo in piedi dall’infermiere è opportuno spiegare in che modo, secondo la regolare e lecita procedura, i marittimi potevano prenotare ed ottenere le visite mediche specialistiche.
In Puglia ci sono due ambulatori S.A.S.N. (a Molfetta e a Bari) che sono sezioni territoriali dalla sede centrale di Napoli e 11 medici fiduciari, convenzionati con il predetto Ministero nei comuni privi di ambulatori. II personale medico (a Molfetta operano due medici generici e due medici specialistici: cardiologo e radiologo) eroga ai marittimi assistenza sanitaria generica, medico-legale e medico specialistica. Nello specifico, l’ambulatorio di Molfetta è l’unico in Puglia ad effettuare le visite cardiologiche e radiologiche ai marittimi, alle quali devono necessariamente sottoporsi periodicamente per il riconoscimento dell’idoneità ad esercitare l’attività; per questi motivi si ritiene che l’attività concussoria posta in essere dall’infermiere costituisca un grave vulnus per l’intero ceto della marineria pugliese.

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